L'incredibile arco ormai scomparso che apriva Palermo al mare e ai commerci di un tempo

Porta Termini, antico ingresso di Palermo, raccontava la storia dei traffici, dei viaggi e delle difese di una città protesa verso il mare.

19 dicembre 2025 18:00
L'incredibile arco ormai scomparso che apriva Palermo al mare e ai commerci di un tempo - Foto: Sconosciuto/Wikipedia
Foto: Sconosciuto/Wikipedia
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Quando palermo aveva una porta verso oriente

Per secoli, chi arrivava a Palermo da est, attraversando il fiume Oreto e il Ponte dell’Ammiraglio, entrava in città passando sotto un arco che oggi non c’è più: la Porta Termini. Era una delle porte della cinta muraria medievale, nata dopo la conquista normanna del 1072 e documentata almeno dal XII secolo. Per generazioni fu un riferimento fisso: da lì cominciava la città fortificata, oltre le mura c’erano campi, strade polverose, giardini e la via che portava verso Termini Imerese.

Già gli studiosi antichi discutevano sul perché di quel nome. C’era chi sosteneva che “Termini” indicasse semplicemente la direzione verso Termini Imerese, lungo l’asse viario che attraversava la campagna a est. Altri legavano il toponimo alla presenza di bagni e impianti termali nella zona di Guadagna e di Maredolce, dove sgorgavano acque usate per scopi terapeutici. In ogni caso, quella porta segnava un confine preciso: fuori la campagna e le strade dei viaggiatori, dentro la città murata con le sue regole, le sue tasse daziarie e i suoi controlli.

L’ingresso dei re, gli assalti e infine la demolizione

Nel tempo Porta Termini non fu solo un varco di passaggio, ma un punto nevralgico anche dal punto di vista militare. Nel Trecento subì gli assalti degli eserciti angioini che tentarono di prendere Palermo da oriente e fu più volte restaurata e rinforzata. Nel Cinquecento venne abbellita da Pietro Speciale, pretore della città: non era più soltanto un’opera difensiva, ma anche un ingresso “di rappresentanza” per chi giungeva da fuori. Nel 1535, dopo la campagna di Tunisi, fu proprio da lì che passò Carlo V quando lasciò Palermo, dopo la grande accoglienza che la città gli aveva riservato.

Col tempo la porta diede il nome a una delle vie più importanti della città, la strada di Porta Termini, che collegava l’arco alle zone interne del centro storico. Quella via esiste ancora oggi, ma ha cambiato nome: è l’attuale via Giuseppe Garibaldi. Alla metà dell’Ottocento, però, la storia della porta si chiuse bruscamente. Nel 1852 il generale Carlo Filangieri ne ordinò l’abbattimento: in un’epoca segnata da rivolte e moti insurrezionali, strutture come quella potevano diventare facilmente punti di resistenza e fortilizi per i ribelli. Eliminare la porta significava aprire meglio l’accesso alla città e togliere appoggi a chi avrebbe potuto usarla contro l’esercito borbonico.

La storia però non finì con le macerie. Il 27 maggio 1860, proprio dalla zona dove sorgeva un tempo Porta Termini, i garibaldini della spedizione dei Mille entrarono in città, avanzando lungo la strada che oggi porta il nome di Garibaldi. Quel varco, rimasto più vulnerabile dopo la demolizione della porta e del baluardo, divenne il punto di sfondamento che contribuì a scatenare l’insurrezione di Palermo contro il regime borbonico. Da semplice ingresso urbano, Porta Termini era diventata, anche da assente, un tassello della storia del Risorgimento.

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