A Messina c'è un luogo che ha visto troppo | Il sipario che ha sfidato terremoti e bombe per incantare la Sicilia

Scopri il Teatro Vittorio Emanuele di Messina: nato nel 1852, distrutto da terremoti e bombe, rinato con il soffitto di Guttuso e grandi prime.

A cura di Paolo Privitera
19 luglio 2025 18:00
A Messina c'è un luogo che ha visto troppo | Il sipario che ha sfidato terremoti e bombe per incantare la Sicilia - Foto: Effems/Wikipedia
Foto: Effems/Wikipedia
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Storia grandiosa di un colosso neoclassico

Il Teatro Vittorio Emanuele nasce nel 1842, per volontà di Ferdinando II di Borbone, su progetto dell’architetto napoletano Pietro Valente. Inaugurato nel 1852, allora con il nome di Teatro Sant’Elisabetta, sfoggiava una facciata neoclassica con sei colonne corinzie e sculture allegoriche che gridavano modernità e orgoglio cittadino. Con l’arrivo dei Mille nel 1860, il teatro cambiò nome in onore di Vittorio Emanuele II e divenne in poco tempo il salotto culturale più ambito dello Stretto: qui debuttò, fra gli altri, la soprano Emma Albani nel 1869, e platee gremite ascoltarono le grandi voci del melodramma italiano, da Verdi a Donizetti. Il palcoscenico, capace oggi di oltre 1.000 posti, è ancora il più grande della Sicilia fra i teatri regionali. 

Dalle macerie alla rinascita spettacolare

La sua parabola, però, è anche un romanzo di resilienza. Il terremoto del 28 dicembre 1908, magnitudo 7.1, rase al suolo Messina: il teatro subì crolli, incendi e anni di abbandono. A peggiorare le cicatrici arrivarono i bombardamenti alleati del 1943, che lo ridussero a un guscio annerito. Ma il sipario non calò mai del tutto: una lunga campagna di ricostruzione, iniziata negli anni ’50 e finanziata dallo Stato, riportò alla luce il peristilio, ampliò la sala e integrò moderni sistemi scenici. Il 24 aprile 1985 – con la stessa Aida che aveva chiuso la stagione prima del sisma – il teatro riaprì le porte: un boato di emozione per una città che tornava finalmente a respirare arte. 

Curiosità: il tuffo di Colapesce che guarda gli spettatori

Entri, alzi lo sguardo e… resti senza fiato. Dal 1985 la volta è dominata da “La leggenda di Colapesce” di Renato Guttuso: 140 m² di tavole dipinte che immortalano il semiuomo-pesce mentre sorregge la Sicilia sul fondo del mare. Il capolavoro fu completato in soli venti mesi nello studio di Bagheria, poi montato pezzo per pezzo sul soffitto come un gigantesco puzzle. Pochi sanno che Guttuso inserì, fra le figure, l’autoritratto di un regista con pennello in mano: un cameo che sorride agli spettatori ad ogni alzata di sipario.

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