Il panino che scosse Palermo | La battaglia culinaria che nessuno ti ha raccontato e che divise i cittadini

Scopri l’epica storia del panino con la milza di Palermo: radici ebraiche, gusto popolare e la sfida alle élite palermitane.

A cura di Paolo Privitera
22 luglio 2025 12:00
Il panino che scosse Palermo | La battaglia culinaria che nessuno ti ha raccontato e che divise i cittadini - Foto: Franco Pecchio/Wikipedia
Foto: Franco Pecchio/Wikipedia
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I segreti gastronomici del panino che fece parlare la corte

Il Pani câ Meusa, meglio noto come “panino con la milza”, rappresenta da oltre 1000 anni l’anima dello street food palermitano, diventando simbolo identitario di una città in cui cucina popolare e cultura si fondono indissolubilmente. Nella Palermo medievale, questa pietanza nascondeva una genesi sorprendente: era preparata dagli ebrei, esclusi dalla retribuzione del macello, che trattenevano come compenso le interiora bovine, cucinandole in semplice pane e formaggio. Il risultato? Un cibo popolare ma ricco di sapore, che la corte trovava “pauroso e grezzo”, soprattutto con la versione schettu – ossia solo milza e limone, senza aggiunta di formaggio.

Dalla Vucciria ai salotti nobiliari: la conquista dei palermitani

Nel tempo, il Pani câ Meusa si diffuse rapidamente nei mercati storici di Palermo - come la Vucciria e il Capo – diventando un simbolo di genuinità e sostegno per le classi popolari. Nonostante l’aristocrazia lo considerasse “rivoltante”, il panino entrò persino nei salotti borghesi grazie alla sua carica di identità cittadina. La versione maritatu, arricchita da caciocavallo o ricotta, conquistò anche i palati più raffinati, dimostrando che la forza del gusto può abbattere ogni barriera sociale.

Preparazione magistrale e sapori potentissimi

Il panino nasce con una vastedda (o vastaella) – un panino tondo e morbido cosparso di semi di sesamo, tipico di Palermo che viene riempito con milza, polmone e trachea bolliti e poi fritti nella sugna, lo strutto, fino a diventare croccanti e succulenti. La tradizione vuole che il meusaru impieghi una pentola inclinata dove la sugna bolle in basso e le frattaglie restano in alto, pronte a tuffarsi nel momento giusto. Viene quindi scolato l’eccesso di grasso, condito con limone e, per la versione maritata, una spolverata di caciocavallo o ricotta.

Simbolo vero di Palermo e dei suoi animi ribelli

Per i palermitani, il Pani câ Meusa non è solo gusto: è storia, identificazione con la città, risposta alla povertà e affermazione della propria cultura contro le élite. Nei mercati, ogni inverno interi quartieri si animano per assaggiare il mio preferito della stagione: c’è chi lo definisce “il panino dei paladini”, chi “il sangue caldo di Palermo”. Il “meusaru” diventa figura quasi mitologica: artigiano notturno che sacrifica anni alla perfezione della miscela tra milza, polmone e trachea.

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