Non puoi perdertelo, è diventato leggendario | Il biscotto che strega i palermitani a Natale
Scopri come il buccellato è entrato nel cuore dei palermitani a Natale e perché nasconde una curiosità che lascerà tutti senza fiato!

Un simbolo natalizio che ha messo KO panettone e pandoro
Il buccellato, detto anche cucciddatu in dialetto siciliano, è annoverato tra i più importanti Prodotti Agroalimentari Tradizionali (P.A.T.) —non un semplice dolce, ma un simbolo del Natale palermitano. Le sue origini affondano nel latino “buccellatum”, letteralmente “bocconcino”, nome che i Romani utilizzavano per un pane secco, a ciambella, cucinato durante le feste. Successivamente elaborato in Toscana (luoghi come Lucca), prese forma definitiva in Sicilia grazie all’influenza degli arbëreshë e dei mercanti lucchesi, creando quello che oggi identifichiamo come buccellato natalizio di Palermo.
Ingredienti, preparazione e cultura palermitana
Il vero cuore del buccellato è nelle sue spezie e nella frutta secca: fichi, uvetta, mandorle, nocciole, noci, canditi, spesso arricchiti da un filo di Marsala, miele e spezie come cannella o noce moscata. Confezionato in pasta frolla friabile, viene modellato a ciambella o in piccole forme di biscottini, spesso decorati con glassa, scorze di agrumi o codette colorate. La sua presenza sulle tavole dei palermitani è immancabile dal periodo dell’Immacolata fino a Capodanno: tante famiglie trasmettono la propria ricetta segreta da una generazione all’altra, trasformando la preparazione in un vero e proprio rito domestico fatto di impasti condivisi, storie sussurrate e memorie collettive.
Un dolce che racconta Palermo e i suoi legami culturali
A Palermo, il buccellato non è solo un’assaggio dolce: è uno specchio di identità. Nella Loggia dei mercanti lucchesi del Medioevo, la ricetta ha avuto una sua prima versione islandese, mentre con la civiltà araba si aggiunsero agrumi e spezie, creando un mix che divenne poi emblematico della Sicilia. La versione palermitana, vestita di pasta frolla friabile, ci trasporta nelle cucine delle nonne, tra profumi di miele caldo e scorze d’arancia candite, e incarna quel calore familiare e quel senso di appartenenza che porta ogni palermitano a ritrovare sé stesso durante le feste. Non troviamo pandoro o panettone? Poco importa: per i palermitani, niente scandalo, il re del Natale resta lui.
Curiosità: la madre di tutte le variazioni e il significato “sacro” dei diavoletti
Nel Medioevo, il buccellatum romano aveva la forma di corona o ciambella forata, pensata per essere appesa e trasportata, anche dalle legioni. La parola “buccellatum” deriva da “buccella” (boccone) e indica qualcosa di piccolo ma resistente — perfetto per soldati o marinai. Pare che, nel trecento, a Palermo, una comunità lucchese abbia introdotto una versione dolce di quel pane, arricchendolo con uvetta e frutta secca. Tuttavia, l’intervento più deciso avvenne durante la dominazione araba-normanna: fu allora che si aggiunsero agrumi canditi, miele e spezie, gettando le basi per la versione siciliana che conosciamo ancora oggi .
Ma la svolta palermitana è avvenuta con la decorazione: la glassa che ricopre il buccellato è spesso arricchita con codette colorate, note localmente come “diavoletti”. Alcuni studiosi sostengono che queste decorazioni avessero un valore simbolico: i diavoletti erano una “protezione” contro malocchio e spiriti, dando al dolce anche una componente rituale. Questa credenza fu tramandata oralmente dalle massaie palermitane fino alla metà del Novecento, parte di un complesso di usanze natalizie che comprendevano canti, preghiere e riflessioni sul valore della protezione familiare e della fertilità.
In alcune varianti palermitane del XIX secolo, si utilizzava un piccolo frammento di tela dorata, apposto sotto la decorazione, chiamato “pezzetto di fortuna”. Si credeva che chi lo trovava avrebbe avuto un anno prospero, e la tradizione vuole che quel pezzetto dorato fosse spesso incollato in segreto da anziane nonne. Questa pratica s'è persa nel tempo, ma alcune famiglie conservano ancora frammenti originali insieme alla ricetta.