Sta sorprendendo chi lo scopre | La meraviglia nascosta di Capodarso sospesa nell’aria

Scopri il ponte rinascimentale di Capodarso: arco del 1550, natura selvaggia, curiosa acquaforte che ne salvò la vita!

A cura di Paolo Privitera
24 luglio 2025 18:00
Sta sorprendendo chi lo scopre | La meraviglia nascosta di Capodarso sospesa nell’aria - Foto: AlessandroAM/Wikipedia
Foto: AlessandroAM/Wikipedia
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Storia di pietra e ferro che sfida i secoli

Immagina di camminare su un arco di 24 metri, scolpito nel 1550 per volontà di Carlo V e modellato con tecniche che gli storici definiscono “leonardesche” per l’eleganza della spinta e delle catene in ferro che lo rinforzano: questo è il ponte ad archi di Capodarso, una cattedrale nel deserto che unisce le sponde del fiume Imera meridionale tra Caltanissetta ed Enna. All’epoca permetteva ai convogli di zolfo e grano di varcare la gola più stretta della Sicilia centrale, collegando le sulfatare di Trabonella alla costa tirrenica. Il basamento in conci calcarei poggia su pilastri a sperone, mentre l’arco ribassato—rivoluzionario nel Cinquecento—accoglieva un piano viario largo sei passi, sufficiente agli “scifazzi” (carretti a otto ruote) che trasportavano fino a trenta cantàri di minerale. Oggi lo raggiungi lungo la vecchia SS 122, ma l’emozione rimane intatta: guardando in basso vedi il Salso disegnare meandri dorati fra i ciottoli, guardando in alto scorgi i contrafforti di Monte Capodarso pronti a chiudersi dietro di te come le quinte di un teatro naturale.

Gola selvaggia fra miniere, fregi d’aquila e sentieri avventura

L’arco domina la Riserva naturale orientata Monte Capodarso e Valle dell’Imera Meridionale, istituita nel 1999 e oggi gestita da Italia Nostra. Qui il giallo dei gessi si confonde con il verde dei lecci e con il bianco delle antiche conchiglie—ricordo di quando, milioni di anni fa, il Mediterraneo si ritirò lasciando lagune salmastre. Sotto il ponte parte un sentiero di 5 km che attraversa gallerie scavate dai minatori, mura ciclopiche greche, rupi dove nidificano aquile del Bonelli e garzette. Ogni primavera le sponde si colorano di violaciocca, asfodelo e ferule alte due metri; d’estate il letto del fiume si prosciuga in pozze smeraldo sorvegliate da libellule azzurre, mentre d’inverno l’Imera gonfia e ruggisce, ricordando ai viandanti l’audacia degli ingegneri che—con chiodi e catene—stabilirono qui un punto di passaggio essenziale fra i due versanti dell’isola. Se ami il trekking puoi imboccare il percorso “Anello dei Ponti”, toccare l’antico ponte Petrulla (romano), raggiungere la sommità di Monte Sabucina e scendere a valle costeggiando pozzi borbonici, frantoi rupestri e forni di calce.

Curiosità: l’acquaforte che salvò Capodarso

Nel 1782 il pittore francese Jean-Pierre Houël incise un’ampia acquaforte dedicata proprio al ponte: la tavola, conservata oggi alla Bibliothèque Nationale de France, attirò l’interesse dei viaggiatori del Grand Tour che, un secolo più tardi, convinsero l’amministrazione borbonica a restaurare la struttura anziché demolirla per far posto a un manufatto in ghisa. Grazie a quell’opera pittorica—uno dei primi esempi di “marketing territoriale” ante-litteram—Capodarso scampò alla modernizzazione ottocentesca e arrivò integro fino ai nostri giorni: un caso rarissimo di ponte cinquecentesco rimasto operativo fino al 1974, quando venne chiuso al traffico pesante e destinato a uso pedonale per proteggere l’intera gola. Se guardi bene la spalla orientale, fra calcare e licheni noterai una piccola lapide in marmo: ricorda proprio il restauro del 1860 finanziato con i fondi “per la pubblica ammirazione dei viaggiatori europei”, testo che traduce il merito di Houël in pietra viva. 

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