Un angolo di Enna che ti lascerà senza parole | Papardura, il santuario con una particolarità incredibile
Scopri il santuario rupestre di Papardura a Enna: ponte sospeso, riti secolari e panorami mozzafiato ti aspettano fra fede e leggenda.

Oonte di pietra, crocifisso miracoloso e pellegrini scalzi
Tra i dirupi calcarei che circondano Enna, il Santuario del SS. Crocifisso di Papardura sembra sfidare la gravità: una chiesa settecentesca agganciata a un ponte ad arco che collega due spuntoni di roccia. In origine era una grotta d’acqua dove, secondo la tradizione, alcune donne trovarono impresso nella parete un affresco del Cristo; la notizia scosse l’intera comunità contadina, che nel 1659 edificò un tempietto e lo ingrandì fino all’attuale navata barocca.
Oggi entri attraverso un vestibolo scavato nella roccia, vedi il Crocifisso ligneo del XVII secolo, tocchi l’umidità della sorgente che stilla dietro l’altare e, uscendo sul sagrato, domini un panorama che abbraccia i monti Erei fino all’Etna. L’aria profuma di ginestra, le campane rimbombano nella valle, i fedeli raccontano di grazie improvvise ottenute salendo “a pedi nudi” il 13 e 14 settembre: la Festa du Signuri richiama centinaia di persone, corde legate alla vita in segno di penitenza, vara di quercia sull’esile ponte, lancio di petali mentre i massari distribuiscono le cuddure – pani votivi intrecciati che, dicono, salvarono il paese da una carestia nel 1746. Un rito che unisce sudore, lacrime e fierezza contadina in un’unica, vertiginosa processione sospesa sul vuoto.
Curiosità : l’enigma del nome e la roccia “che suda”
Il toponimo Papardura nasconde più di una spiegazione e tutte ruotano intorno all’acqua. Per lo storico ennese Vincenzo Littara, deriva dall’arabo “bab dur”, “porta d’acqua”, riferimento alle vene sorgive che scorrono nella rupe; un’altra ipotesi prende la via persiana: “papar-dura” significherebbe “sorgente nella roccia”. La prova?
All’interno del santuario la temperatura resta costante tutto l’anno e la roccia “suda” leggermente, creando un micro-clima che ha impedito al Crocifisso di lesionarsi in oltre tre secoli – un fenomeno monitorato nel 2018 da restauratori dell’Università di Palermo come caso raro di autocondizionamento naturale.
Nel 1937, durante lavori di consolidamento, fu scoperta una cisterna romana proprio sotto la navata: l’acqua filtrava ancora limpida, confermando che qui l’oro liquido non è mai mancato e spiegando perché generazioni di pellegrini attribuiscano al luogo virtù di guarigione per dermatosi e aridità. Così, quando bevi dalla fontana o poggi la mano sulla parete umida, ripeti un gesto che dura, ininterrotto, dal tempo degli arabi fino a oggi.