Un rifugio palermitano che pochi conoscono davvero: ha un legame misterioso con i Borbone

Scopri la Real Casina di Caccia nel Bosco Ficuzza: rifugio borbonico e cuore verde a Palermo, tra natura, caccia e segreti storici.

A cura di Paolo Privitera
26 luglio 2025 18:00
Un rifugio palermitano che pochi conoscono davvero: ha un legame misterioso con i Borbone - Foto: Pequod76/Wikipedia
Foto: Pequod76/Wikipedia
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Un rifugio reale ai margini di Palermo

Nel 1799, durante il dramma politico per l’avanzata napoleonica, Ferdinando IV di Borbone decise di creare una vasta riserva di caccia nei boschi a sud di Palermo, includendo tra le proprietà i feudi di Ficuzza, Lupo e Cappelliere. Tra il 1802 e il 1807, grazie ai progetti dell’architetto Carlo Chenchi e al rifacimento imposto da Giuseppe Venanzio Marvuglia, sorse la Real Casina di Caccia: un piccolo palazzo neoclassico, completo di stalle, cappella privata e sala di rappresentanza, che fungeva da rifugio nobile immerso nel verde. Con la sua facciata austera interrotta solo dagli orologi murali e lo stemma borbonico sormontato dalle statue del dio Pan e di Diana, la Casina era un simbolo architettonico del potere regale, un’autentica isola di regalità tra querce, lecci e felci.

Natura, caccia e mito borbonico

Non si trattava soltanto di leggerezza aristocratica: il Bosco della Ficuzza, oggi Riserva Naturale Orientata (7397 ettari, tra Corleone e Monreale), fu progettato come un vero regno della biodiversità. Ferdinando I introdusse cervi, daini e cinghiali, stabilì strade, muracche e laghetti – inclusa la “Peschiera del Re” – insieme a ricoveri per guardiacaccia e vie carrozzabili. A 927 m slm il Pulpito del Re, una roccia scolpita, serviva da sedile d’affaccio per il sovrano durante le battute di caccia. Tale organizzazione rese Ficuzza un’esperienza unica: una sorta di parco zoologico regolamentato, antenato della moderna gestione ambientale, capace di integrare agricoltura, zootecnia, caccia e lusso per i palermitani più facoltosi.

Dalla decadenza alla rinascita verde

Con l’Unità d’Italia, nel 1871, la tenuta e la Casina passarono allo Stato, entrando sotto la gestione dell’amministrazione forestale. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il palazzo subì saccheggi e danneggiamenti da parte delle truppe tedesche. L’abbandono perdurò fino ai restauri degli anni 2000: riaperto nel 2009 e trasformato nel 2013 in un Museo multimediale del Bosco, il sito ha riacquistato valore storico e culturale, mostrando reperti, immagini d’epoca e approfondimenti sull’architettura borbonica e la foresta millenaria.

Nel 2000 venne poi istituita la Riserva naturale orientata “Bosco della Ficuzza, Rocca Busambra, Bosco del Cappelliere e Gorgo del Drago”, tutelando specie rare come Quercus gussonei, orchidee, anfibi e rapaci (falco pellegrino, aquila reale). I percorsi naturalistici, le stazioni ferroviarie dismesse e i resti delle muracche attirano ogni anno migliaia di escursionisti, amanti della natura e curiosi tra i palermitani.

Curiosità:

Molti ignorano che fin dal XIX secolo, nella Peschiera del Re, Ferdinando ospitava sontuose battute di pesca, trasformando il laghetto in teatro conviviale dove la famiglia e la corte lamentavano le catture ricche, mentre intorno aleggiava un’atmosfera quasi regale e segreta. Alcune cronache raccontano che durante le serate la pesca venisse accompagnata da musici al seguito, e che perfino i pesci venissero appositamente nutriti con pane aromatizzato, un'usanza irriverente ma funzionale all’evento. Il tempo fece il resto, e dei fasti rimangono solo pietre e racconti.

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