Il colosso nato in un’estate di fuoco: ha cambiato la geografia di Catania e custodisce una curiosità dimenticata

A sud di Catania, un cono vulcanico nato nel 1763 ha cambiato la geografia dell’Etna. Storia, sentieri e una curiosità sorprendente.

23 ottobre 2025 12:00
Il colosso nato in un’estate di fuoco: ha cambiato la geografia di Catania e custodisce una curiosità dimenticata - Foto: Hein Didden/Wikipedia
Foto: Hein Didden/Wikipedia
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Un’estate di fuoco: come nacque davvero

Sull’Etna, a sud del cratere sommitale e sopra Nicolosi, si alza un cono piroclastico che oggi sfiora quota 2.630 m e domina la dorsale che conduce al Rifugio Sapienza. Nell’estate del 1763, dopo una fase di sismicità intensa, si aprì una bocca laterale. L’attività esplosiva costruì in poche settimane un corpo conico di scorie e ceneri, mentre brevi colate si accumulavano lungo il fianco, rimanendo contenute e di modesta estensione.

Il risultato fu questo “parassita” del vulcano: un rilievo severo e nerissimo, che da allora fa da cerniera fra l’altopiano dei Monti Silvestri (nati più tardi, nel 1892) e la testata dei sentieri alti. Oggi è facilmente identificabile lungo la strada che risale da Catania verso Etna Sud. La sua sagoma protegge la conca del Piano del Lago, accompagna gli impianti della Funivia dell’Etna e si allinea alla lunghissima zona di frattura meridionale.

Tra sentieri, crateri vicini e linee di difesa naturali

Chi arriva al Rifugio Sapienza (1.910 m), cuore logistico dell’Etna Sud, percepisce subito il ruolo di questo cono: fa da spartiacque tra i pianori sabbiosi e la salita verso i crateri sommitali. Subito sotto si distendono i celebri Monti Silvestri, coni del 1892 che si percorrono in anello, mentre all’orizzonte si intuiscono i campi di lava delle eruzioni recenti.

Questo rilievo non è un cratere “museo”: è un elemento vivo del paesaggio vulcanico, sorvegliato e inserito nel quadro più ampio delle eruzioni etnee. Le cronache del 1763 fissano l’origine “meridionale” del cono. Altre pagine degli annali etnei ricordano come, in epoche successive (per esempio nel 1910), fratture e degassamenti si siano allineati proprio tra il Cratere Centrale e questo rilievo, confermando la tendenza del vulcano ad aprire vie di fuga lungo questo settore.

Per il visitatore attento, questo cono è un manuale a cielo aperto. Si osservano lapilli saldati, scorie, brecce vulcaniche e stratificazioni che raccontano la sequenza esplosiva. Si capisce il ruolo delle barriere naturali, come la Valle del Bove, nel canalizzare o imprigionare le colate.

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