La città fantasma catanese cancellata in una notte dal terremoto del 1693
Occhiolà, l’antica città nei pressi di Grammichele, fu distrutta dal terremoto del 1693: oggi resta un sito archeologico carico di memoria.


Una città scomparsa tra storia e tragedia
Sulla sommità di una collina vicino all’attuale Grammichele sorgeva l’antica città di Occhiolà, un centro abitato di origine sicula e poi greca, che nei secoli divenne una comunità viva e prospera. La sua posizione strategica la rese un luogo importante per gli scambi tra l’entroterra e le coste della Sicilia. Per secoli Occhiolà fu il cuore pulsante di questa parte dell’isola, arricchita da chiese, palazzi e abitazioni che si sviluppavano attorno al castello e alla piazza principale. Tutto questo, però, scomparve drammaticamente in una sola notte.
Il terremoto che cancellò una civiltà
Il terremoto del 1693, uno degli eventi più devastanti della storia siciliana, rase completamente al suolo Occhiolà. Non si salvarono né le case né le chiese: l’intera città fu cancellata, lasciando dietro di sé rovine e memorie dolorose. I sopravvissuti, privati delle loro abitazioni e del loro centro urbano, decisero di ricostruire altrove. Nacque così Grammichele, progettata con la celebre pianta esagonale che ancora oggi la rende unica, voluta dal principe Carlo Maria Carafa Branciforti come simbolo di rinascita e modernità.
Dalle rovine al sito archeologico
Oggi del centro di Occhiolà rimangono soltanto resti archeologici, che raccontano la sua lunga storia: mura antiche, tracce di edifici religiosi, reperti che testimoniano la presenza umana sin dall’età sicula. Camminare tra quelle pietre significa rivivere la memoria di una città perduta, cancellata dal destino e dalla forza della natura, ma ancora viva nella storia di chi ne ha raccolto l’eredità.