Il paese nato due volte: la storia dimenticata che vive tra i mandorli dell’Agrigentino
Giardina Gallotti, piccola frazione di Agrigento, racconta una Sicilia autentica: nata due volte, tra fede, lavoro e memoria contadina.
Ci sono luoghi che non fanno rumore, che non appaiono nelle guide o nei circuiti turistici, ma che custodiscono un’anima antica. Giardina Gallotti, a pochi chilometri da Agrigento, è uno di questi. Un piccolo centro che ha conosciuto la fatica della terra, il calore del sole siciliano e il coraggio di una comunità capace di rinascere due volte.
Un borgo nato dal lavoro e dalla fede
Giardina Gallotti sorge su una collina che guarda il mare da lontano e respira l’odore della campagna. Le sue origini risalgono al XIX secolo, quando la zona era abitata da contadini e braccianti che lavoravano le campagne di Montaperto. Le prime case nacquero attorno a un grande feudo agricolo e si allargarono piano piano, seguendo il ritmo delle stagioni e della fatica nei campi.
Il nome “Giardina” richiama la fertilità del terreno, mentre “Gallotti” deriva dalla famiglia che possedeva gran parte di quelle terre. Col passare degli anni, la borgata si trasformò in un piccolo paese, con la chiesa, la scuola, la piazza e le tradizioni che ancora oggi scandiscono la vita quotidiana dei suoi abitanti.
Un legame forte con Agrigento e con la memoria
Giardina Gallotti è oggi una frazione del comune di Agrigento, ma conserva un’identità tutta sua. Gli anziani del posto ricordano ancora le giornate di festa dedicate a San Giuseppe, con le tavolate imbandite e i canti popolari che si sentivano da una casa all’altra. La vita qui è sempre stata semplice, legata alla terra e alle coltivazioni di mandorli, ulivi e viti, che ancora disegnano il paesaggio intorno al paese.
Nel dopoguerra, molti abitanti emigrarono al Nord o all’estero, ma chi è rimasto ha mantenuto viva la memoria di un borgo costruito con le proprie mani, pietra dopo pietra. Oggi Giardina Gallotti rappresenta uno di quei luoghi autentici dove il tempo sembra scorrere più lentamente, e dove basta uno sguardo per capire che la storia non si misura in monumenti, ma in vite vissute.