Il palazzo dei misteri: a Catania, tra pietra nera e lettere mai spedite
A Catania esiste un edificio maestoso che non tutti osservano davvero: il Palazzo delle Poste, simbolo di un’epoca e di una città che cambia.
Un gigante nato tra pietra e tempo
Nel cuore di Catania, a pochi passi da via Etnea, sorge un edificio che tutti hanno visto almeno una volta, ma pochi conoscono davvero. È il Palazzo delle Poste, costruito tra gli anni venti e trenta del Novecento, quando l’Italia guardava alla modernità e la città provava a rialzarsi dalle ferite del passato.
Il palazzo si impone per la sua facciata solenne, in pietra lavica e chiara, con archi possenti e decorazioni sobrie che richiamano il gusto dell’epoca razionalista. È un luogo di passaggio continuo: impiegati, studenti, pensionati, viaggiatori che spediscono un pacco o ritirano una raccomandata. Eppure, in quelle pareti di basalto e tufo, la città ha inciso la sua storia, giorno dopo giorno.
Dietro quell’apparente normalità, il Palazzo delle Poste è un frammento della Catania che voleva sentirsi capitale, che sognava di essere moderna ma restava ancorata alla sua pietra scura. Da quasi un secolo osserva tutto: il traffico, le nuove generazioni, le insegne che cambiano, le chiacchiere in dialetto che riempiono le mattine.
Architettura e simboli di una Catania in movimento
L’edificio fu progettato da Francesco Fichera, uno degli architetti più rappresentativi del periodo. La sua mano è visibile in ogni dettaglio: la rigorosa simmetria, i volumi netti, la forza dei materiali locali che si fondono con l’impianto monumentale.
Non è solo un ufficio postale: è una dichiarazione di stile, una prova concreta di come Catania sia riuscita a fondere la tradizione barocca con le linee asciutte del Novecento. L’uso alternato della pietra bianca e della pietra lavica racconta già da sé la doppia anima della città: quella luminosa e quella oscura, quella che costruisce e quella che resiste.
Passeggiando sul marciapiede opposto, quando il sole di mezzogiorno taglia la facciata, si percepisce la grandezza sobria di questo palazzo. Non ha bisogno di stupire: basta la sua presenza a ricordare che la bellezza non sempre urla, a volte resta immobile, come una lettera che non è mai stata spedita ma continua a portare dentro di sé il peso di un messaggio.