L’isola che nessuno può abitare ma che nasconde una verità millenaria al largo di Aci Trezza
Al largo di Aci Trezza si trova un’isola misteriosa, inaccessibile e antichissima: l’Isola Lachea. La sua storia reale è sorprendente.
Una roccia che racconta più della terraferma
Davanti al borgo marinaro di Aci Trezza, a pochi metri dalla costa, emerge una piccola isola scura che da secoli alimenta leggende e studi scientifici.
È l’Isola Lachea, la più grande dei Faraglioni dei Ciclopi, ma anche un frammento autentico della storia geologica dell’Etna.
La sua origine risale a centinaia di migliaia di anni fa, quando potenti eruzioni sottomarine sollevarono un banco lavico dal mare. Oggi quel banco è un microcosmo che racchiude biodiversità, fossili, resti archeologici e persino tracce di insediamenti preistorici.
Dalla costa di Aci Trezza sembra un semplice scoglio, ma avvicinandosi si distingue la sua morfologia lavica fatta di spaccature, coni e piccole grotte. L’ambiente è fragile e unico: dal basalto nero spuntano piante endemiche, e il mare che la circonda custodisce fondali popolati da posidonie, spugne e crostacei.
Dal mito alla scienza, passando per la storia
Per secoli l’Isola Lachea è stata legata alla leggenda di Polifemo, il Ciclope che, secondo Omero, scagliò i massi contro Ulisse. Ma dietro il mito c’è la geologia: i faraglioni e l’isola sono davvero antiche formazioni basaltiche, create da una serie di colate sottomarine che rappresentano i primi segnali della nascita dell’Etna.
Nel XIX secolo l’isola divenne oggetto di studi naturalistici e geologici. Nel 1896 il Barone Luigi Gravina la donò all’Università di Catania, che la destinò a sede di ricerche scientifiche. Da allora è parte della Riserva naturale integrale Isola Lachea e Faraglioni dei Ciclopi, gestita dal Cutgana, il centro di tutela ambientale universitario.
Sull’isola si trovano ancora tracce archeologiche: frammenti di ceramiche neolitiche, resti di capanni preistorici e persino ossa animali che raccontano la vita degli antichi abitanti dell’area. Non è una meta turistica: l’accesso è limitato agli studiosi e alle visite autorizzate, proprio per proteggere l’ecosistema.