I catanesi lo sanno da secoli, ma pochi lo immaginano | Il ghiaccio dell’Etna e il suo incredibile utilizzo passato

Dall'Etna a Catania: la vera storia dei "nivaroli", gli uomini che raccoglievano ghiaccio per creare la prima granita siciliana.

A cura di Paolo Privitera
22 giugno 2025 12:00
I catanesi lo sanno da secoli, ma pochi lo immaginano | Il ghiaccio dell’Etna e il suo incredibile utilizzo passato - Foto: Geopop
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I catanesi e il ghiaccio dell’Etna: un legame antico quanto sorprendente

In tempi in cui non esistevano frigoriferi né congelatori, gli abitanti dell’area etnea avevano già scoperto un metodo geniale per conservare il freddo: raccogliere la neve dell’Etna. Questa pratica, che risale al Medioevo e si è protratta fino all’inizio del ‘900, vedeva protagonisti i cosiddetti “nivaroli”, uomini che salivano in quota per immagazzinare la neve nei “nevari”, ovvero grandi fosse scavate nella roccia lavica, isolate con frasche e cenere vulcanica.

I “nivaroli”: i veri antenati dei gelatai catanesi

Il mestiere del nivarolo era durissimo e pericoloso. Gli uomini partivano di notte, trasportavano la neve a spalla o con muli, e la stipavano nei nevari. Quando l’estate arrivava, il ghiaccio così ottenuto veniva tagliato in blocchi, avvolto nella paglia e trasportato a Catania e nei paesi etnei, dove veniva venduto come bene di lusso. Serviva per raffreddare cibi e bevande, ma anche – e qui viene il bello – per creare le prime rudimentali granite.

Il legame con la granita: come nacque un’icona siciliana

Proprio grazie al ghiaccio dell’Etna, i catanesi poterono iniziare, sin dal Seicento, a mischiare la neve con sciroppi naturali, miele e succo di limone. Era l’alba della granita artigianale, molto diversa da quella moderna, ma già fresca, dolce e sorprendentemente raffinata. Questo antenato della granita veniva chiamato “rattata” o “neve di limone”. Con l’arrivo del XIX secolo e l’introduzione dei sorbettieri, la granita si perfezionò, ma restò legata alla neve vulcanica.

I nevari dell’Etna: una rete organizzata tra boschi e crateri

Sul versante est dell’Etna, a quote comprese tra i 1200 e i 2000 metri, esistevano decine di nevari. Alcuni dei più importanti si trovavano nei territori di Pedara, Nicolosi, Zafferana e Trecastagni. La raccolta avveniva soprattutto nei mesi di gennaio e febbraio, mentre la distribuzione durava fino a settembre. Era una vera e propria industria artigianale del freddo, con prezzi regolamentati, contratti e depositi urbani a Catania.

Un’eredità culturale che resiste nel DNA catanese

Anche se l’attività dei nivaroli si è estinta con l’arrivo del frigorifero elettrico, l’impronta culturale è rimasta fortissima, specialmente a Catania, dove la granita è molto più di una colazione: è un rituale identitario. La connessione con l’Etna, col sudore degli uomini che raccoglievano la neve, con le grotte laviche usate per conservare il ghiaccio… è impressa in ogni cucchiaino.

Curiosità: una storia quasi dimenticata

Fino agli anni ’30 del Novecento, alcune famiglie conservarono questa tradizione secolare. In alcuni casi, la neve veniva addirittura esportata via nave da Catania verso Malta o Napoli, a dimostrazione di quanto fosse pregiato questo bene. Con l’avvento della modernità, la figura del nivarolo è scomparsa… ma alcuni discendenti ancora oggi ricordano quei sacrifici, e ne custodiscono testimonianze fotografiche o utensili originali.

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