A Catania sembra una chiesa come le altre, ma c'è un dettaglio poco conosciuto che la rende speciale

La chiesa barocca di San Placido a Catania svela la casa natale di Sant’Agata: storia, arte e una curiosità che stupisce tutti.

A cura di Paolo Privitera
30 luglio 2025 15:00
A Catania sembra una chiesa come le altre, ma c'è un dettaglio poco conosciuto che la rende speciale - Foto: giggel/Wikipedia
Foto: giggel/Wikipedia
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Origini antiche e rinascita barocca

La Chiesa di San Placido, situata nella suggestiva piazza omonima del quartiere Civita, nel cuore antico di Catania, è uno dei gioielli più affascinanti del barocco siciliano. Fu edificata intorno al 1420, su iniziativa dell’aristocratica Paola di Lerida, badessa del monastero benedettino, sulle rovine di un antico tempio pagano dedicato a Bacco, come testimonianza concreta della cristianizzazione dei luoghi simbolici del potere greco-romano. Questo dettaglio non è solo leggenda, ma trova riscontri nella toponomastica e nei documenti ecclesiastici dell’epoca.

Il destino dell’edificio cambiò radicalmente nel 1693, quando il disastroso terremoto rase al suolo gran parte della città e anche questa chiesa fu colpita in pieno. La ricostruzione avvenne con slancio artistico e spirituale, affidata all’estro di Stefano Ittar, architetto di origini polacche ma siciliano d’adozione, protagonista della rinascita urbanistica della città. I lavori terminarono nel 1723, e la nuova chiesa divenne così un perfetto esempio di barocco maturo, con influenze tardo-rinascimentali, divenendo in seguito un importante punto di riferimento religioso, soprattutto femminile, per la borghesia e l’aristocrazia catanese.

Capolavoro architettonico e magnificenza interna

A colpire immediatamente l’occhio è la facciata scenografica, scolpita in pietra bianca di Taormina, con una forma concava rarissima nell’architettura religiosa della città. La composizione è ritmata da colonne corinzie, nicchie e da un timpano spezzato che conferisce movimento verticale. Le statue poste nella parte centrale rappresentano San Placido, San Benedetto, Santa Scolastica e Santa Geltrude, figure chiave del monachesimo benedettino.

Un’elegante cancellata in ferro battuto, realizzata da artigiani locali, delimita l’ingresso e introduce all’unica navata interna, riccamente decorata. Stucchi dorati, marmi policromi e tele settecentesche si alternano in un’esplosione cromatica tipica del barocco isolano. Tra le opere spiccano quelle di Michele Rapisardi, pittore catanese celebre per le sue raffigurazioni religiose, e quelle di Giuseppe Napoli e Piparo, che arricchirono le pareti con cicli mariani e storie agatine. La cantoria, sormontata da un raffinato organo ligneo decorato in oro, rappresenta un piccolo capolavoro musicale e visivo, spesso protagonista di concerti di musica sacra.

Monastero, cultura e spirito catanese

Annesso alla chiesa sorge l’antico monastero benedettino, che non solo resistette al terremoto del 1693, ma continuò per secoli ad essere un punto nevralgico della vita spirituale e sociale catanese. In epoca moderna, parte del complesso fu inglobata nel Palazzo della Cultura, sede attuale di esposizioni, convegni e manifestazioni culturali promosse dal Comune di Catania. L’edificio conserva porzioni originarie del Palazzo Platamone, come cortili, colonne e una scala monumentale in pietra lavica che dialogano con lo stile barocco della chiesa.

A causa di gravi cedimenti strutturali, la chiesa fu chiusa al culto nel 1976. Dopo tre anni di restauri accurati, che interessarono sia le strutture portanti sia gli interni decorati, fu riaperta nel 1979, ridonando al quartiere uno dei suoi simboli più amati. Da quel momento, i catanesi hanno ricominciato a frequentarla non solo come luogo di preghiera, ma anche come spazio culturale in cui arte, storia e devozione si intrecciano in modo indissolubile.

Curiosità

Si racconta che la chiesa sorga proprio sul luogo dove nacque Sant’Agata, la patrona di Catania. Questa convinzione popolare, tramandata nei secoli, fa di San Placido una sorta di santuario “segreto”, vissuto con devozione silenziosa, soprattutto dalle monache benedettine che vi hanno officiato per secoli. Questo dato non è confermato da documentazione ufficiale, ma viene più volte citato nella tradizione orale e in alcune fonti agiografiche locali.

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