Una città cancellata e un artista visionario, la cicatrice bianca siciliana che pochi conoscono

Il Cretto di Burri a Gibellina, la land art più grande al mondo: la cicatrice del terremoto visibile dallo spazio e carica di memoria.

11 settembre 2025 15:00
Una città cancellata e un artista visionario, la cicatrice bianca siciliana che pochi conoscono - Foto: Boobax/Wikipedia
Foto: Boobax/Wikipedia
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Una città cancellata e un artista visionario

Nel 1968, un terremoto devastante colpì la valle del Belice, radendo al suolo la vecchia Gibellina e lasciando dietro di sé uno scenario apocalittico: centinaia di vittime, migliaia di sfollati e un centro storico ridotto in macerie. Le case, le chiese, le piazze che per secoli avevano custodito la vita del borgo vennero improvvisamente inghiottite dalla polvere e dall’oblio. Gli abitanti furono costretti a fuggire in fretta, abbandonando per sempre le proprie radici. La nuova Gibellina sarebbe sorta a chilometri di distanza, moderna ma priva di quel cuore antico che per generazioni aveva dato identità alla comunità.

Anni dopo, quando la polvere del ricordo si era posata ma il dolore restava inciso nella memoria collettiva, arrivò la visione di Alberto Burri. L’artista umbro, celebre per la sua capacità di trasformare materiali poveri in arte potente, concepì un’opera senza precedenti: ricoprire l’intero centro distrutto con una colata di cemento bianco. Ma non era un semplice atto urbanistico: Burri decise di seguire fedelmente il tracciato delle antiche strade, trasformando il dolore in monumento permanente. Così nacque il Cretto di Burri, un sudario di calcestruzzo che avvolge ciò che resta del borgo scomparso. Con i suoi 12 ettari di estensione, è oggi una delle più grandi opere di land art del pianeta e simbolo universale di resilienza e memoria.

La cicatrice visibile dallo spazio

Osservandolo dall’alto, il Cretto di Burri appare come una rete di fenditure bianche che si staglia contro il paesaggio brullo delle colline siciliane. Le fessure geometriche, larghe più di due metri e profonde fino a tre, riproducono fedelmente la pianta della città distrutta, trasformando le antiche vie in corridoi di silenzio e contemplazione. Camminare tra queste spaccature è come percorrere il fantasma di Gibellina: ogni passo riecheggia, ogni respiro sembra sospeso, e il vento che soffia tra le crepe diventa eco del passato.

La potenza dell’opera è tale che può essere distinta persino dalle immagini satellitari: una cicatrice che non solo ricorda la tragedia, ma la rende eterna e leggibile dallo spazio. Nessun altro monumento al mondo fonde in questo modo arte contemporanea e memoria collettiva, e proprio per questo il Cretto di Burri è considerato un capolavoro unico. Oggi, pellegrini, turisti e studiosi percorrono queste fenditure non solo per ammirarne la grandezza, ma per rivivere la storia di chi qui ha perso tutto e non è mai stato dimenticato.

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