Il rifugio palermitano barocco dei custodi della morte: qui accompagnavano i condannati fino all’ultima alba

Nell’Oratorio dei Bianchi, a Palermo, il barocco barlume di un’antica confraternita sussurra storie di fede, segretezza e potere nobiliare.

06 ottobre 2025 21:00
Il rifugio palermitano barocco dei custodi della morte: qui accompagnavano i condannati fino all’ultima alba - Foto: Bjs/Wikipedia
Foto: Bjs/Wikipedia
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La confraternita che operava nell’ombra

Nel cuore antico di Palermo, nel quartiere della Kalsa, sorge l’Oratorio dei Bianchi, un edificio che ha visto secoli di pietà, potere e segretezza. Fu edificato nel 1542 per ospitare la Compagnia del Santissimo Crocifisso, nota come “dei Bianchi” per le tuniche candide che i confratelli indossavano. Il loro compito non era comune: accompagnavano i condannati a morte nel loro ultimo viaggio, offrendo conforto spirituale fino al momento dell’esecuzione. Un ruolo che dava loro un’aura tanto sacra quanto inquietante, perché decidere chi meritava assistenza significava esercitare un potere silenzioso sulla vita e sulla morte.

Distrutto da un incendio nel 1600, l’oratorio venne ricostruito pochi decenni dopo con uno stile imponente e solenne. La facciata manierista è ancora oggi decorata da stemmi nobiliari e mascheroni che osservano i passanti dall’alto, come custodi muti di storie mai raccontate.

L’arte che cela simboli e segreti

All’interno dell’oratorio, ogni dettaglio parla di magnificenza e mistero. Lo scalone in marmo di Carrara conduce a un salone impreziosito dagli affreschi di Gaspare Fumagalli, che con i suoi trompe-l’œil del Settecento trasformò le pareti in illusioni ottiche spettacolari. Ma ciò che più colpisce sono gli stucchi di Giacomo Serpotta, capolavori che raffigurano Santa Rosalia e le virtù cristiane.

L’oratorio era chiamato anche “secreto”: qui i nobili confratelli si riunivano lontano da occhi indiscreti, tra simboli enigmatici incisi nei dettagli architettonici. Triangoli, occhi della provvidenza e allegorie velate creano ancora oggi un’atmosfera sospesa, dove fede e mistero sembrano convivere. È come se i muri conservassero ancora le parole sussurrate nelle cerimonie notturne, quando la nobiltà palermitana si muoveva nell’ombra della storia.

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