In Sicilia c'è una città fenicia sommersa che custodisce un enigma millenario
L’isola di Mozia, davanti a Marsala, custodisce resti fenici unici: mura, templi e un mistero sommerso che ancora oggi affascina.
Davanti alle coste di Marsala, circondata dalle saline e dalle acque basse della laguna dello Stagnone, sorge l’isola di Mozia, un gioiello archeologico unico al mondo. Fondata dai Fenici nell’VIII secolo a.C., Mozia è stata per secoli un centro commerciale di straordinaria importanza, crocevia di popoli e civiltà. Oggi i suoi resti, riportati alla luce da scavi decennali, raccontano una storia di potere, cultura e mistero che affascina studiosi e viaggiatori.
La città fenicia di Sicilia
Mozia fu fondata dai Fenici per controllare le rotte del Mediterraneo e divenne presto una delle colonie più fiorenti. Protetta da mura poderose e da un porto artificiale detto kothon, era un centro dinamico di commerci tra oriente e occidente. L’isola prosperò fino al 397 a.C., quando venne conquistata e distrutta da Dionisio di Siracusa. Ma le rovine rimaste – le case, i templi, le necropoli e i tratti perfetti delle mura – rivelano l’ingegno e la raffinatezza di un popolo che lasciò un’impronta indelebile sulla Sicilia.
Tra i ritrovamenti più celebri vi è la statua del cosiddetto “Giovinetto di Mozia”, un’opera in marmo di straordinaria bellezza e misteriosa provenienza, oggi custodita nel museo Whitaker dell’isola.
Un museo a cielo aperto sospeso nel tempo
Passeggiare tra le rovine di Mozia è come compiere un viaggio nel tempo. Gli scavi hanno restituito quartieri urbani completi, botteghe, luoghi di culto e testimonianze funerarie. Il kothon, che si pensava fosse un porto, oggi è interpretato come una vasca sacra collegata al culto di Baal e Astarte. Ogni pietra di Mozia parla di una civiltà che ha fatto della navigazione e del commercio la sua forza, e che ha trasformato un piccolo isolotto in un centro internazionale del mondo antico.
L’isola appartiene alla Fondazione Whitaker, che ne cura la tutela e valorizzazione, rendendola un museo a cielo aperto dove mito e archeologia convivono.