L’isolotto dei sovrani che trasformò Palermo in un qualcosa di straordinario
Nel cuore della Conca d’Oro, il Palazzo della Favara a Palermo racchiude stagioni arabo-normanne, laghi artificiali e fasti reali dimenticati.
Il fasto reale oltre le mura di Palermo
Fu alle pendici del Monte Grifone, in un’area oggi periferica della città, che venne costruito il complesso noto come Palazzo della Favara (anche detto “Castello di Maredolce”). Le origini del complesso affondano in epoche diverse: alcuni studiosi lo collegano all’emiro kalbita Jaʿfar II (998-1019), altri alla successiva dominazione normanna, quando il re Ruggero II ne fece una residenza di delizia extra-urbana.
L’impianto originario collegava architettura e paesaggio: un lago artificiale circondava il corpo del palazzo su tre lati, mentre al centro si trovava un’isola con agrumeti e alberi da frutto, raggiungibile solo con barchetta, immersa in un grande parco reale. Il bacino, alimentato da una sorgente (la “fawwara” araba), e i giardini rigogliosi volevano ricreare un ambiente di piacere e potere, un “solazzo regio” fuori dalle mura cittadine.
Col passare dei secoli, il palazzo perse parte della sua funzione, il lago si prosciugò, i giardini s’impoverirono e l’area subì degrado: l’antico splendore sembrò dissolversi, lasciando solo tracce silenziose di gloria.
Architettura, natura e memoria
Oggi osservando il Palazzo della Favara si nota la pianta quadrangolare, le arcate in pietra, il cortile interno che un tempo era porticato. L’edificio racconta stratificazioni architettoniche: elementi arabi, trasformazioni normanne, addizioni successive.
Il parco, che un tempo raggiungeva anche quaranta ettari, fu ridotto dall’urbanizzazione, ma resta testimonianza verde di un tempo in cui Palermo era circondata da “giardini di sovrani”.
La congiunzione tra palazzo, acqua, vegetazione e architettura suggerisce l’idea di uno spazio pensato per stupire e celebrare un potere che guardava al mare e all’entroterra.