Un gigante di pietra nato dal rimorso: il palazzo catanese che cela delle storie mai raccontate
A Catania esiste un palazzo che non fu mai solo una dimora nobile: tra corsie d’ospedale e misteri, il Palazzo Tezzano nasconde tutto.
Un gigante di pietra nato dal rimorso
Nel cuore di Catania, affacciato su Piazza Stesicoro, si alza un edificio che non è solo un palazzo: è una confessione scolpita nella pietra.
Il Palazzo Tezzano, costruito tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, nacque dal pentimento di un uomo potente, il conte Nicolò Tezzano.
Fu lui, magistrato e senatore, a volerlo erigere non per il lusso, ma per qualcosa di più grande: un ospedale pubblico, il primo vero della città.
La leggenda – e in parte la storia – racconta che il conte avesse accumulato ricchezze e colpe, e che alla fine decise di restituire tutto ai catanesi.
Così donò il terreno, commissionò il progetto e trasformò la sua eredità in un gesto di espiazione.
Il palazzo, imponente e cupo, venne completato nel 1711 e destinato subito a ospitare malati, poveri e pellegrini.
A differenza delle dimore nobiliari che sorgono lungo via Etnea, qui non ci sono affreschi sontuosi o cortili eleganti: c’è l’impronta severa della pietra lavica, la stessa che ricorda le ferite del vulcano.
Il suo volto architettonico, barocco ma sobrio, sembra riflettere il destino di chi lo volle: un edificio nato dal peccato e dalla redenzione.
Ospedale, tribunale, prigione: tre vite, una sola ombra
Nei secoli successivi il Palazzo Tezzano cambiò volto più volte, ma non la sua atmosfera inquieta.
Quando cessò di essere ospedale, divenne tribunale, poi carcere, poi ancora scuola di medicina.
Ogni funzione gli lasciò addosso qualcosa: voci di dolore, storie di processi, nomi dimenticati incisi sui muri.
Chi entra oggi nei corridoi del palazzo – o anche solo lo guarda dal cancello di ferro che dà su Piazza Stesicoro – sente che non è un edificio come gli altri.
Il cortile interno, ampio e chiuso, sembra trattenere l’eco di chi vi è passato dentro.
C’è chi giura di avvertire un odore d’antico disinfettante o di carta giudiziaria, come se l’edificio respirasse ancora la sua vita multipla, tra medici, giudici e detenuti.
Dopo il terremoto del 1693, che devastò Catania, il Palazzo Tezzano fu anche un simbolo di rinascita civile.
Ma il tempo, la burocrazia e l’incuria lo hanno fatto invecchiare male.
Oggi, nonostante vari tentativi di restauro, rimane in una condizione sospesa: troppo grande per morire, troppo stanco per rinascere davvero.